Voi che vivete sicuriNelle vostre tiepide caseVoi che trovate tornando a seraIl cibo caldo e visi amiciConsiderate se questo è un uomoChe lavora nel fangoChe non conosce paceChe lotta per un pezzo di paneChe muore per un sì o per un no.Considerate se questa è una donna,Senza capelli e senza nomeSenza piu' forza di ricordareVuoti gli occhi e freddo il gremboCome una rana d' invernoMeditate che questo è stato:Vi comando queste parole.Scolpitele nel vostro cuoreStando in casa andando per via,Coricandovi alzandovi;Ripetetele ai vostri figli.O vi si sfaccia la casa,La malattia vi impediscaI vostri nati torcano il viso da voi.Primo LeviIl Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo (nazismo) e del fascismo, dell'Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.Il testo dell'articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria:« La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati." Sono molte le atrocitànel mondo e moltissimii pericoli.Ma di una cosa sono certo: il male peggiore è l’indifferenza.Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza; il contrario della vitanon è la morte, ma l’indifferenza; il contrario dell’intelligenza non èla stupidità, ma l’indifferenza.E’ contro di essa che bisogna combattere con tutte le proprie forze.E per farlo un’arma esiste: l’educazione.Bisogna praticarla, diffonderla,condividerla, esercitarla sempre e dovunque. Non arrendersi mai "Elie Wiesel,Premio Nobel per la pace, 1986
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Per non dimenticare, per non lasciare che nella società di oggi, tra grande fratello,playstation, discoteche, alcol droghe e svaghi di ogni genere, tutto ciò che è successo che è stato vissuto dai nostri nonni vada perso...Per non lasciare che accada ancora, per ricordare che la vita è importante e va preservata, per ricordare che nessun uomo ha il diritto di togliere la liberta', l'identita' e "l'umanità" ad un altro uomo...Per ricordare che tutte le religioni portano ad un unico DIO, per ricordare che le guerre di religioni non dovrebbero esistere, per ricordare che la diversità non è un limite ma una possibilità...Possibilità di crescere, di arricchire la propria anima di mantenere i propri ideali entrando in contatto e capendo le motivazioni e gli ideali altrui, rispettandoli, diventando così persone MIGLIORI.TOLLERANZA e EMPATIA sono la parola d'ordine...La capacità di mettersi nei panni degli altri, oggi, è una qualità rara... PRESERVIAMOLA!!!Un pensiero va a tutte le anime di coloro che non possono leggere tutto cio...Le VITTIME di questo FOLLE STERMINIO DI MASSA ...Un pensiero a chi è SOPRAVVISSUTO a tutto ciò e ha VISSUTO un intera VITA guardando il mondo con gli OCCHI DI CHI HA VISTO E NON DIMENTICHERà MAI, ed ha VISSUTO UNA VITA CON LA MORTE NEL CUORE E NELL'ANIMA.Un pensiero a coloro che hanno PERSO la VITA per SALVARE altre VITE......e che hanno rivolto alle nostre generazioni un unica RICHIESTA NON DIMENTICHIAMO...Elena
giovedì 29 gennaio 2009
sabato 24 gennaio 2009
AGLI AMICI NON CREDENTI, DIO C'E' E CREDE IN VOI!
Carissimo popolo di quelli che vivono pensando che Dio non esiste,
in questo vostro percorso che cerca prendere le distanze dal Creatore , tra le configurazioni possibili delle conseguenze spirituali, c’è anche questa:
decidete di non essere Fede e Ragione insieme, ma di essere soltanto Ragione o soltanto Ragione più la Negazione della fede.
Si capisce perciò come una tale premessa possa provocare una rottura traumatica con la tradizione specialmente cattolica che al contrario predica che l’uomo è equilibrio positivo tra Fede e Ragione (l’uomo è sintesi tra le due); onde l’una non si può disgiungere dall’altra, senza che la sintesi consigliata da Dio stesso (mediante la Sacra Scrittura e l’esempio di Vita di Cristo) venga meno ; cioè senza che la sintesi migliore tra le possibili, venga meno.
A questo punto sorge spontanea la seguente domanda : che vantaggio ci si può trovare a infernare la propria esistenza trasformando la fede in Dio in negazione di Dio; e comandando in aggiunta, alla ragione, di ubbidire a tale ipotesi negatoria?
Voglio dire che anche considerando la condizione antropologica dell’uomo, tutto contraddice una simile posizione negaevidenze :
perché ad esempio, se si è troppo tristi, troppo pessimisti, troppo preoccupati del presente come del domani, è noto come ciò sia controproducente per la serenità interiore e per la lucidità completa delle proprie scelte; e sempre a titolo di esempio, se Galilei o qualche suo collega, compreso voi stessi allorché vi improvvisate scienziati (cioè cercatori del vero o delle leggi o fenomeni della natura) avesse pensato come premetodologia, che i fenomeni o leggi della natura, non esistono, come avrebbe potuto localizzarne uno solo di essi ? Al contrario fu proprio l’idea che la Natura è il Libro di Dio (un libro pieno di leggi o fenomeni incasuali e localizzabili dalla ragione del premetodo e del metodo) a favorire l’indagine sulla stessa natura . E sempre nella logica dell’esempio, se per via di un Eclissi o di uno Tsunami si pensa che il sole non tornerà più, cioè si nega la possibilità o esito positivi della tempesta, il sole e il buon tempo tornerà lo stesso; ma chi ci assicura che a causa della eccessiva preoccupazione o panico, qualcuno non si faccia del male, fuggendo esageratamente, magari cadendo nel vortice della corrente o inciampando per via del buio?
Si potrebbe continuare all’infinito con simili esempi. Ce n’è abbastanza tuttavia per poter dire che la vita umana anche in senso antropologico è aperta alla speranza del vivere; cioè a quell’equilibrio razionale che non nega ma afferma lo sviluppo accettabile o migliore del futuro, senza cadere sia nella inconsapevolezza delle malipossibilità o del pessimismo eccessivo, sia all'opposto, dell'ottimismo eccessivo.
Però negare l’esistenza di Dio, diventa anche una forma di negazione della ordetta predisposizione antropologica della stessa esistenza o vita umana. Onde senza cavalcare la medesima predisposizione, come sembrate far voi, vi predisponete allo stesso tempo all’insuccesso investigativo; ma quel che è peggio vi predisponete all’inerzia investigativa sull’esistenza di Dio. Onde come si può trovare ciò che si spera (per via della negazione antropologica) e si crede (per via della negazione o fede al negativo) effettivamente non esistere?
Qui cari miei siamo di fronte a un pericolosissimo vizio metodologico e filosofico, che non ha niente di scientifico, in quanto manipola arbitrariamente le stesse premesse migliori della ricerca scientifica e filosofica, ma (e ciò è molto peggio) anche della ricerca, per così dire, della qualità migliore della vita; infatti che vita è quella di qualcuno che anziché decidere di verificare se Dio esiste o no, decide semplicemente che Dio non esiste; così ha risolto al meglio ogni problema.
Credetemi o connazionali, chiunque siate e ovunque siate : non bisogna decidere che Dio non esiste; ma bisogna decidere di verificare continuamente (finché morte non ci separa) l’esistenza o la non esistenza di Dio. I credenti veri sono quelli che sperimentano quotidianamente l’esistenza di Dio. Onde del pari si può dire che i veri non credenti sono quelli che cercano Dio e non quelli che decidono di non cercarlo e per logica conseguenza, dicono che non c’è .
In conclusione, perché non cercate di cambiar metodo al modo seguente: provate a fare l’ipotesi che Dio esiste; dopodiché mettetelo alla prova se esiste o no : se esiste dovrà consigliare al meglio su come comportarci verso gli altri uomini e il Creato; dovrà dirci abbastanza spesso se quello che facciamo è giusto o sbagliato (voce della coscienza)..ecc.
Se al termine della prova dell’esistenza o meno di Dio (chiamiamola così) non si è soddisfatti, si manifesti pure il proprio disappunto per la mancata risposta. Ma non commettete l’errore di smettere di cercare: considerate: il mondo è pieno di luoghi dove il mistero parla (i santuari, i santi, la gerarchia ecclesiastica, persone miracolate, la Sindone, il cuore stesso dell’uomo –le muse degli antichi, lo Spirito dei cristiani, lo spiritismo degli idolatri e maghi…-). Perciò rompete l’anima al mistero: chiedete, domandate, investigate con buona fede, e troverete anche voi. Non potete non trovare perché sta scritto : Cercate e troverete . Battete e vi sarà aperto .
Migliori da
Orlando Metozzi
_____________
Sui Documenti e la Storia della Chiesa, ci sono infinite forzature e manipolazioni del vero. Ve ne mando uno che parla del rapporto tra fede e ragione. Spero che quello che sapete in proposito sia corretto.
Fede e Ragione
Dalla Costituzione dogmatica Dei Filius (Concilio Vaticano I), 24 aprile 1870, cap. IV (testo latino in Denzinger, Enchiridion Simbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, §§ 3015-3020):
«La Chiesa cattolica ha sempre unanimemente creduto e ancora crede che esistono due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto: per il loro principio, perché nell’uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; per l’oggetto, perché oltre la verità che la ragione naturale può capire, ci è proposto di vedere i misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non rivelati dall’alto.
È questo il motivo per cui l’apostolo, che pure testimonia che Dio è stato conosciuto dai pagani “attraverso le cose create” (Rm 1,20), quando parla della grazia e della verità venutaci da Cristo (cfr. Gv 1,17), dichiara: “Parliamo di una sapienza divina misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla... Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio” (1Cor 2,7-8.10). E lo stesso Unigenito benedice il Padre perché ha nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli (cfr. Mt 11,25).
Quando la ragione, illuminata dalla fede, cerca con zelo, pietà e moderazione, per il dono di Dio arriva a una certa conoscenza molto feconda dei misteri, sia grazie all’analogia con ciò che conosce naturalmente, sia per il nesso degli stessi misteri fra loro e con il fine ultimo dell’uomo. Mai, però, essa è resa capace di penetrarli come le verità che formano il suo oggetto proprio. I misteri divini, infatti, per loro intrinseca natura, sorpassano talmente l’intelligenza creata, che anche se trasmessi per divina rivelazione e ricevuti mediante la fede, rimangono avvolti nel velo della fede e quasi avviluppati in una caligine, fino a quando, in questa vita mortale, “siamo in esilio lontani dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione” (2Cor 5,6).
Ma anche se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai essere vera divergenza tra fede e ragione: poiché lo stesso Dio, che rivela i misteri e comunica la fede, ha anche deposto nello spirito umano il lume della ragione, questo Dio non potrebbe negare se stesso, né il vero contraddire il vero. Questa inconsistente apparenza di contraddizione, nasce specialmente dal fatto che i dogmi della fede non sono stati compresi ed esposti secondo il pensiero della Chiesa, o che opinioni false sono scambiate per conclusioni della ragione. Noi definiamo dunque che tutte le affermazioni contrarie alla verità attestata da una fede illuminata sono senz’altro false (cfr. Concilio Lateranense V, DH 1441).
(…) E non solo la fede e la ragione non possono mai essere in contrasto tra di loro, ma possono darsi aiuto scambievole: la retta ragione, infatti, dimostra i fondamenti della fede e, illuminata dalla sua luce, può coltivare la scienza delle cose divine; la fede, invece, libera e protegge la ragione dagli errori e l’arricchisce di molteplici cognizioni.
Perciò la Chiesa, ben lungi dall’opporsi allo studio delle arti e delle discipline umane, le favorisce e le promuove in ogni maniera. Essa, infatti, non ignora e non disprezza i vantaggi che ne derivano per la vita degli uomini; riconosce anche che esse, venute in qualche modo da Dio, Signore delle scienze (cfr. 1Sam 2,3), possono condurre a Lui con l’aiuto della grazia, se usate come si deve.
E certo non proibisce che tali discipline, ciascuna nel proprio ambito, utilizzino propri principi e un proprio metodo; ma pur riconoscendo questa legittima libertà, essa cerca di evitare che, in contrasto con la dottrina divina, accolgano in sé degli errori, o che sorpassando i propri limiti, invadano e sconvolgano il dominio della fede.
La dottrina della fede, che Dio ha rivelato, non è stata proposta all’intelligenza umana come un sistema filosofico da perfezionare, ma, come un divino deposito, è stata affidata alla Chiesa sposa di Cristo, perché la custodisca fedelmente e infallibilmente la proclami. In conseguenza il senso dei sacri dogmi che deve essere sempre conservato è quello che la santa madre Chiesa ha determinato una volta per tutte e non bisogna mai allontanarsi da esso sotto il pretesto e in nome di un’intelligenza più profonda. “Crescano pure, quindi, e progrediscano largamente e intensamente, per ciascuno come per tutti, per un sol uomo come per tutta la Chiesa, l’intelligenza e la scienza, la sapienza, secondo i ritmi propri a ciascuna generazione e a ciascun tempo, ma esclusivamente nel loro ordine, nella stessa credenza, nello stesso senso e nello stesso pensiero” (Vincenzo di Lerins, Commonitorium, 23, 3)».» Stampa
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in questo vostro percorso che cerca prendere le distanze dal Creatore , tra le configurazioni possibili delle conseguenze spirituali, c’è anche questa:
decidete di non essere Fede e Ragione insieme, ma di essere soltanto Ragione o soltanto Ragione più la Negazione della fede.
Si capisce perciò come una tale premessa possa provocare una rottura traumatica con la tradizione specialmente cattolica che al contrario predica che l’uomo è equilibrio positivo tra Fede e Ragione (l’uomo è sintesi tra le due); onde l’una non si può disgiungere dall’altra, senza che la sintesi consigliata da Dio stesso (mediante la Sacra Scrittura e l’esempio di Vita di Cristo) venga meno ; cioè senza che la sintesi migliore tra le possibili, venga meno.
A questo punto sorge spontanea la seguente domanda : che vantaggio ci si può trovare a infernare la propria esistenza trasformando la fede in Dio in negazione di Dio; e comandando in aggiunta, alla ragione, di ubbidire a tale ipotesi negatoria?
Voglio dire che anche considerando la condizione antropologica dell’uomo, tutto contraddice una simile posizione negaevidenze :
perché ad esempio, se si è troppo tristi, troppo pessimisti, troppo preoccupati del presente come del domani, è noto come ciò sia controproducente per la serenità interiore e per la lucidità completa delle proprie scelte; e sempre a titolo di esempio, se Galilei o qualche suo collega, compreso voi stessi allorché vi improvvisate scienziati (cioè cercatori del vero o delle leggi o fenomeni della natura) avesse pensato come premetodologia, che i fenomeni o leggi della natura, non esistono, come avrebbe potuto localizzarne uno solo di essi ? Al contrario fu proprio l’idea che la Natura è il Libro di Dio (un libro pieno di leggi o fenomeni incasuali e localizzabili dalla ragione del premetodo e del metodo) a favorire l’indagine sulla stessa natura . E sempre nella logica dell’esempio, se per via di un Eclissi o di uno Tsunami si pensa che il sole non tornerà più, cioè si nega la possibilità o esito positivi della tempesta, il sole e il buon tempo tornerà lo stesso; ma chi ci assicura che a causa della eccessiva preoccupazione o panico, qualcuno non si faccia del male, fuggendo esageratamente, magari cadendo nel vortice della corrente o inciampando per via del buio?
Si potrebbe continuare all’infinito con simili esempi. Ce n’è abbastanza tuttavia per poter dire che la vita umana anche in senso antropologico è aperta alla speranza del vivere; cioè a quell’equilibrio razionale che non nega ma afferma lo sviluppo accettabile o migliore del futuro, senza cadere sia nella inconsapevolezza delle malipossibilità o del pessimismo eccessivo, sia all'opposto, dell'ottimismo eccessivo.
Però negare l’esistenza di Dio, diventa anche una forma di negazione della ordetta predisposizione antropologica della stessa esistenza o vita umana. Onde senza cavalcare la medesima predisposizione, come sembrate far voi, vi predisponete allo stesso tempo all’insuccesso investigativo; ma quel che è peggio vi predisponete all’inerzia investigativa sull’esistenza di Dio. Onde come si può trovare ciò che si spera (per via della negazione antropologica) e si crede (per via della negazione o fede al negativo) effettivamente non esistere?
Qui cari miei siamo di fronte a un pericolosissimo vizio metodologico e filosofico, che non ha niente di scientifico, in quanto manipola arbitrariamente le stesse premesse migliori della ricerca scientifica e filosofica, ma (e ciò è molto peggio) anche della ricerca, per così dire, della qualità migliore della vita; infatti che vita è quella di qualcuno che anziché decidere di verificare se Dio esiste o no, decide semplicemente che Dio non esiste; così ha risolto al meglio ogni problema.
Credetemi o connazionali, chiunque siate e ovunque siate : non bisogna decidere che Dio non esiste; ma bisogna decidere di verificare continuamente (finché morte non ci separa) l’esistenza o la non esistenza di Dio. I credenti veri sono quelli che sperimentano quotidianamente l’esistenza di Dio. Onde del pari si può dire che i veri non credenti sono quelli che cercano Dio e non quelli che decidono di non cercarlo e per logica conseguenza, dicono che non c’è .
In conclusione, perché non cercate di cambiar metodo al modo seguente: provate a fare l’ipotesi che Dio esiste; dopodiché mettetelo alla prova se esiste o no : se esiste dovrà consigliare al meglio su come comportarci verso gli altri uomini e il Creato; dovrà dirci abbastanza spesso se quello che facciamo è giusto o sbagliato (voce della coscienza)..ecc.
Se al termine della prova dell’esistenza o meno di Dio (chiamiamola così) non si è soddisfatti, si manifesti pure il proprio disappunto per la mancata risposta. Ma non commettete l’errore di smettere di cercare: considerate: il mondo è pieno di luoghi dove il mistero parla (i santuari, i santi, la gerarchia ecclesiastica, persone miracolate, la Sindone, il cuore stesso dell’uomo –le muse degli antichi, lo Spirito dei cristiani, lo spiritismo degli idolatri e maghi…-). Perciò rompete l’anima al mistero: chiedete, domandate, investigate con buona fede, e troverete anche voi. Non potete non trovare perché sta scritto : Cercate e troverete . Battete e vi sarà aperto .
Migliori da
Orlando Metozzi
_____________
Sui Documenti e la Storia della Chiesa, ci sono infinite forzature e manipolazioni del vero. Ve ne mando uno che parla del rapporto tra fede e ragione. Spero che quello che sapete in proposito sia corretto.
Fede e Ragione
Dalla Costituzione dogmatica Dei Filius (Concilio Vaticano I), 24 aprile 1870, cap. IV (testo latino in Denzinger, Enchiridion Simbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, §§ 3015-3020):
«La Chiesa cattolica ha sempre unanimemente creduto e ancora crede che esistono due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto: per il loro principio, perché nell’uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; per l’oggetto, perché oltre la verità che la ragione naturale può capire, ci è proposto di vedere i misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non rivelati dall’alto.
È questo il motivo per cui l’apostolo, che pure testimonia che Dio è stato conosciuto dai pagani “attraverso le cose create” (Rm 1,20), quando parla della grazia e della verità venutaci da Cristo (cfr. Gv 1,17), dichiara: “Parliamo di una sapienza divina misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla... Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio” (1Cor 2,7-8.10). E lo stesso Unigenito benedice il Padre perché ha nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli (cfr. Mt 11,25).
Quando la ragione, illuminata dalla fede, cerca con zelo, pietà e moderazione, per il dono di Dio arriva a una certa conoscenza molto feconda dei misteri, sia grazie all’analogia con ciò che conosce naturalmente, sia per il nesso degli stessi misteri fra loro e con il fine ultimo dell’uomo. Mai, però, essa è resa capace di penetrarli come le verità che formano il suo oggetto proprio. I misteri divini, infatti, per loro intrinseca natura, sorpassano talmente l’intelligenza creata, che anche se trasmessi per divina rivelazione e ricevuti mediante la fede, rimangono avvolti nel velo della fede e quasi avviluppati in una caligine, fino a quando, in questa vita mortale, “siamo in esilio lontani dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione” (2Cor 5,6).
Ma anche se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai essere vera divergenza tra fede e ragione: poiché lo stesso Dio, che rivela i misteri e comunica la fede, ha anche deposto nello spirito umano il lume della ragione, questo Dio non potrebbe negare se stesso, né il vero contraddire il vero. Questa inconsistente apparenza di contraddizione, nasce specialmente dal fatto che i dogmi della fede non sono stati compresi ed esposti secondo il pensiero della Chiesa, o che opinioni false sono scambiate per conclusioni della ragione. Noi definiamo dunque che tutte le affermazioni contrarie alla verità attestata da una fede illuminata sono senz’altro false (cfr. Concilio Lateranense V, DH 1441).
(…) E non solo la fede e la ragione non possono mai essere in contrasto tra di loro, ma possono darsi aiuto scambievole: la retta ragione, infatti, dimostra i fondamenti della fede e, illuminata dalla sua luce, può coltivare la scienza delle cose divine; la fede, invece, libera e protegge la ragione dagli errori e l’arricchisce di molteplici cognizioni.
Perciò la Chiesa, ben lungi dall’opporsi allo studio delle arti e delle discipline umane, le favorisce e le promuove in ogni maniera. Essa, infatti, non ignora e non disprezza i vantaggi che ne derivano per la vita degli uomini; riconosce anche che esse, venute in qualche modo da Dio, Signore delle scienze (cfr. 1Sam 2,3), possono condurre a Lui con l’aiuto della grazia, se usate come si deve.
E certo non proibisce che tali discipline, ciascuna nel proprio ambito, utilizzino propri principi e un proprio metodo; ma pur riconoscendo questa legittima libertà, essa cerca di evitare che, in contrasto con la dottrina divina, accolgano in sé degli errori, o che sorpassando i propri limiti, invadano e sconvolgano il dominio della fede.
La dottrina della fede, che Dio ha rivelato, non è stata proposta all’intelligenza umana come un sistema filosofico da perfezionare, ma, come un divino deposito, è stata affidata alla Chiesa sposa di Cristo, perché la custodisca fedelmente e infallibilmente la proclami. In conseguenza il senso dei sacri dogmi che deve essere sempre conservato è quello che la santa madre Chiesa ha determinato una volta per tutte e non bisogna mai allontanarsi da esso sotto il pretesto e in nome di un’intelligenza più profonda. “Crescano pure, quindi, e progrediscano largamente e intensamente, per ciascuno come per tutti, per un sol uomo come per tutta la Chiesa, l’intelligenza e la scienza, la sapienza, secondo i ritmi propri a ciascuna generazione e a ciascun tempo, ma esclusivamente nel loro ordine, nella stessa credenza, nello stesso senso e nello stesso pensiero” (Vincenzo di Lerins, Commonitorium, 23, 3)».» Stampa
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mercoledì 14 gennaio 2009
IL TESTAMENTO DI S. FRANCESCO
1. Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi;2. E il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia.3. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo. 4. E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo:5. Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo. 6. Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. 7. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà. 8. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come i miei signori.9. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. 10. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue che essi ricevono ad essi soli amministrano agli altri. 11. E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi. 12. E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.13. E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, così come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita.14. E dopo che il Signore mi diede dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo.15. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò.16. E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache.17. E non volevano avere di più.18. Noi chierici dicevamo l'ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster; e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese.19. Ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti.20. Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all'onestà.21. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l'esempio e tener lontano l'ozio.22. Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l'elemosina di porta in porta. 23. Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto:"Il Signore ti dia la pace! ".24. Si guardino bene i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini.25. Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, dovunque si trovino, non osino chiedere lettera alcuna (di privilegio) nella curia romana, nè personalmente nè per interposta persona, nè per una chiesa nè per altro luogo, nè per motivo della predicazione, nè per la persecuzione dei loro corpi; 26. Ma, dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio.27. E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di assegnarmi.28. E così voglio essere prigioniero nelle sue mani, che io non possa andare o fare oltre l'obbedienza e la sua volontà, perché egli è mio signore.29. E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi reciti l'ufficio, così come è prescritto nella Regola.30. E tutti gli altri frati siano tenuti ad obbedire allo stesso modo ai loro superiori e a recitare l'Ufficio secondo la Regola.31. E quelli che siano trovati che non volessero recitare l'Ufficio secondo la Regola, o volessero in qualunque modo variarlo, o non fossero cattolica, tutti i frati, dovunque siano, per essere tenuto per obbedienza debbono presentare qualsiasi di quelli, lo dovunque lo trovino, ai custodi più prossimi di dove lo trovano.32. E quel custode è tenuto per obbedienza a custodirlo fermamente come un uomo in catene giorno e notte così che non possa essere strappato dalle sue mani, finché proprio lui in persona lo presenterà nelle mani del suo ministro.33. E quel ministro è tenuto per l'obbedienza a mandarlo per mezzo di tali frati che lo custodiscano fortemente come un uomo in catene di giorno e di notte, finché lo presentano al signore di Ostia, che è signore, protettore e correttore di tutta la fraternità.34. E non dicano i frati: Questa è un'altra Regola, perché questa è un ricordo, un'ammonizione, un'esortazione e il mio testamento, che io, frate Francesco piccolino, faccio a voi, miei fratelli benedetti, perché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore. 35. E il ministro generale e tutti gli altri ministri custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiungere e a non togliere niente da queste parole. 36. E sempre tengano con se questo scritto assieme alla Regola.37. E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole.38. E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole dicendo: "Così si devono intendere"39. ma, come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine. 40. E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell'altissimo Padre, e in terra sia ricolmato della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i Santi.41. Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. (Amen).
martedì 6 gennaio 2009
QUANDO LA VITA VINCE SULL'HANDICAP....
Milano
Il miracolo della scuola cablata per far studiare il piccolo Marco
Ha 8 anni e l'atrofia muscolare. Una webcam lo trasporta in classe
Marco, 8 anni, affetto dal atrofia muscolare spinale (Fotogramma)MILANO — Marco va a scuola in astronave. Le sue mani, i suoi occhi, le sue parole volano nello spazio lo portano fino a scuola. Nella sua aula, la terza elementare, fino al suo banco, l'ultimo in fondo così che tutti i compagni si possano voltare e guardarlo in viso dalla webcam ridere, sorridere, pensare. Marco ha 8 anni e la Sma. L'atrofia muscolare spinale, la malattia che a poco a poco gli ha bloccato i muscoli, che lo ha costretto a vivere senza muoversi, a vedere il mondo attraverso il flusso di bit che corre nella fibra ottica.
Fino allo scorso settembre l'atrofia muscolare gli aveva lasciato al massimo tre giorni di scuola all'anno. Il primo e gli ultimi due, giusto per guardare in faccia i compagni dell'Istituto comprensivo Italo Calvino di via Frigia, a Milano. Troppo poco per conoscerli e farseli amici. Oggi Marco ha battuto la malattia inguaribile. Grazie al computer, alla webcam e alla fibra ottica Marco riprende ogni mattina il suo posto in classe in mezzo ai compagni che adesso sono i suoi amici. Forza della tenacia dei genitori che hanno tentato, studiato, scoperto soluzioni che gli permettessero di ricominciare ad essere Marco, quello dell'ultimo banco dove ora in un grande schermo ci sono i suoi occhi vispi e marroni. La sua «astronave», la libreria piena di fili e lucine, con schermo e tastiera, è un regalo di tanti. Della mamma Laura, del preside del Calvino, Aldo Acquati, dei tecnici che gli hanno cablato la casa e la scuola con la fibra ottica, della maestra di sostegno che lo segue a domicilio, degli insegnati che non hanno mai smesso di credere che fosse possibile. «E lo è. Oggi dopo tre anni di tentativi Marco ha ripreso a seguire le lezioni — racconta la madre —. Mezza giornata di scuola a distanza, poi le terapie per aiutarlo a respirare». Nonostante la malattia lo costringa su una sedia a rotelle, nonostante i muscoli siano fasci di fibre senza forza, Marco muove le dita sulla «cloche», sul joystick che dirige le telecamere nell'aula.
Con le dita zooma sui visi dei compagni, sulla lavagna e sul professore. «Abbiamo voluto che tutto apparisse reale, che Marco avesse la possibilità di "muoversi" liberamente all'interno della classe», racconta la madre. Perché più che la didattica, qui conta la possibilità di vivere «come gli altri compagni, di sentirsi uno di loro». «La nostra non è un'esperienza di pietà. Non vuole esserlo. Nostro figlio non ha bisogno di compassione ma di vivere — spiegano i genitori —. Abbiamo scelto cure poco invasive, come l'uso di respiratori esterni evitando la tracheotomia, che altrimenti bloccherebbe la possibilità di parlare. Marco non si muove, ma è lucido e parla come un normale bambino di 8 anni». A volte l'amore, l'affetto dei genitori aiuta a vedere più in là delle speranze della medicina. Non è questo il caso: «È una malattia inguaribile, nessuno alimenta false attese». Neppure Marco che a volte lo chiede a sua mamma e ai professori: «Perché proprio a me, perché non sono come loro?». Oggi sa che la sua è una vita speciale, una su 10 mila. Colpita senza scampo da una malattia che, nelle conseguenze fisiche, è molto vicina alla terribile Sla, la sclerosi laterale amiotrofica diventata celebre perché ha mietuto vittime soprattutto tra gli ex calciatori.
«Abbiamo aperto una strada, ma non è stato facile — dicono i genitori —. Oggi grazie al professor Giuseppe Marraro del Fatebenefratelli di Milano, siamo in contatto con altre famiglie e cerchiamo di raccontare la nostra esperienza». Che poi è soprattutto tecnica, come lo scoprire a forza di tentativi la difficoltà di «trasportare» via web voci e parole come se fossero vere: «Ai primi tentativi c'erano problemi di sincronismo: prima le immagini, poi il suono. Oggi grazie alla fibra ottica è tutto reale». Ancora meglio della videoconferenza tra dirigenti aziendali vista quattro anni fa in un servizio televisivo e che aveva fatto scattare l'idea della tele-scuola. Un'idea costosa. «Il preside dell'istituto ha accettato di accollarsi le spese per la cablatura dell'aula e per l'attrezzatura scolastica — conclude la madre —. Uno sforzo non indifferente». Un'eccezione in tempi di tagli. «Oltre ogni aspettativa».
Cesare Giuzzi
06 gennaio 2009
CORRIERE DELLA SERA
Il miracolo della scuola cablata per far studiare il piccolo Marco
Ha 8 anni e l'atrofia muscolare. Una webcam lo trasporta in classe
Marco, 8 anni, affetto dal atrofia muscolare spinale (Fotogramma)MILANO — Marco va a scuola in astronave. Le sue mani, i suoi occhi, le sue parole volano nello spazio lo portano fino a scuola. Nella sua aula, la terza elementare, fino al suo banco, l'ultimo in fondo così che tutti i compagni si possano voltare e guardarlo in viso dalla webcam ridere, sorridere, pensare. Marco ha 8 anni e la Sma. L'atrofia muscolare spinale, la malattia che a poco a poco gli ha bloccato i muscoli, che lo ha costretto a vivere senza muoversi, a vedere il mondo attraverso il flusso di bit che corre nella fibra ottica.
Fino allo scorso settembre l'atrofia muscolare gli aveva lasciato al massimo tre giorni di scuola all'anno. Il primo e gli ultimi due, giusto per guardare in faccia i compagni dell'Istituto comprensivo Italo Calvino di via Frigia, a Milano. Troppo poco per conoscerli e farseli amici. Oggi Marco ha battuto la malattia inguaribile. Grazie al computer, alla webcam e alla fibra ottica Marco riprende ogni mattina il suo posto in classe in mezzo ai compagni che adesso sono i suoi amici. Forza della tenacia dei genitori che hanno tentato, studiato, scoperto soluzioni che gli permettessero di ricominciare ad essere Marco, quello dell'ultimo banco dove ora in un grande schermo ci sono i suoi occhi vispi e marroni. La sua «astronave», la libreria piena di fili e lucine, con schermo e tastiera, è un regalo di tanti. Della mamma Laura, del preside del Calvino, Aldo Acquati, dei tecnici che gli hanno cablato la casa e la scuola con la fibra ottica, della maestra di sostegno che lo segue a domicilio, degli insegnati che non hanno mai smesso di credere che fosse possibile. «E lo è. Oggi dopo tre anni di tentativi Marco ha ripreso a seguire le lezioni — racconta la madre —. Mezza giornata di scuola a distanza, poi le terapie per aiutarlo a respirare». Nonostante la malattia lo costringa su una sedia a rotelle, nonostante i muscoli siano fasci di fibre senza forza, Marco muove le dita sulla «cloche», sul joystick che dirige le telecamere nell'aula.
Con le dita zooma sui visi dei compagni, sulla lavagna e sul professore. «Abbiamo voluto che tutto apparisse reale, che Marco avesse la possibilità di "muoversi" liberamente all'interno della classe», racconta la madre. Perché più che la didattica, qui conta la possibilità di vivere «come gli altri compagni, di sentirsi uno di loro». «La nostra non è un'esperienza di pietà. Non vuole esserlo. Nostro figlio non ha bisogno di compassione ma di vivere — spiegano i genitori —. Abbiamo scelto cure poco invasive, come l'uso di respiratori esterni evitando la tracheotomia, che altrimenti bloccherebbe la possibilità di parlare. Marco non si muove, ma è lucido e parla come un normale bambino di 8 anni». A volte l'amore, l'affetto dei genitori aiuta a vedere più in là delle speranze della medicina. Non è questo il caso: «È una malattia inguaribile, nessuno alimenta false attese». Neppure Marco che a volte lo chiede a sua mamma e ai professori: «Perché proprio a me, perché non sono come loro?». Oggi sa che la sua è una vita speciale, una su 10 mila. Colpita senza scampo da una malattia che, nelle conseguenze fisiche, è molto vicina alla terribile Sla, la sclerosi laterale amiotrofica diventata celebre perché ha mietuto vittime soprattutto tra gli ex calciatori.
«Abbiamo aperto una strada, ma non è stato facile — dicono i genitori —. Oggi grazie al professor Giuseppe Marraro del Fatebenefratelli di Milano, siamo in contatto con altre famiglie e cerchiamo di raccontare la nostra esperienza». Che poi è soprattutto tecnica, come lo scoprire a forza di tentativi la difficoltà di «trasportare» via web voci e parole come se fossero vere: «Ai primi tentativi c'erano problemi di sincronismo: prima le immagini, poi il suono. Oggi grazie alla fibra ottica è tutto reale». Ancora meglio della videoconferenza tra dirigenti aziendali vista quattro anni fa in un servizio televisivo e che aveva fatto scattare l'idea della tele-scuola. Un'idea costosa. «Il preside dell'istituto ha accettato di accollarsi le spese per la cablatura dell'aula e per l'attrezzatura scolastica — conclude la madre —. Uno sforzo non indifferente». Un'eccezione in tempi di tagli. «Oltre ogni aspettativa».
Cesare Giuzzi
06 gennaio 2009
CORRIERE DELLA SERA
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