venerdì 23 dicembre 2011

BUON COMPLEANNO DIO NOSTRO PADRE

Per te sprecarono le parole fior di poeti, prestarono la loro voce centinaia di salmisti e cantori, offrirono il loro sguardo donne festanti e gioconde: a nulla valse la loro anagrafe di peccatrici o di insolenti, di burattinai o di funamboli, di meretrici o di acquasantiere della grazia. Chi di Te s'azzardò a parlare nella notte dei secoli lo fece col proposito di far saltare il banco della legge e della storia. Eppure mai e poi mai avremmo immaginato che l'Uomo dei sogni e l'Atteso delle genti arrivasse con siffatte sembianze dopo così spasmodica attesa. Qualcuno – armato di carta e calamaio – disse di te che fosti il Bambino più capriccioso della storia: nessuno prima di te e nessuno dopo s'azzardò a scomodare persino le stelle con le loro galassie per additare al cercatore il numero civico presso il quale porgerti uno sguardo. Accipicchia, fossi nato con i capelli già copiosi e magari un po' ricci (come t'immaginano gioiosi i nostri di bambini) verrebbe voglia di nasconderci dentro le nostre mani e farti il solletico. Perché, capriccioso o meno, Tu eri davvero quello che aspettavamo a casa nostra.


Perché un giorno Tu ci parlerai di Dio con il linguaggio dei bambini e non con quello dei rabbini, perché c'implorerai il favore di guardare il volto di quell'Uomo barbuto e anziano - che nelle noiosissime ore di catechismo ci hanno imposto di chiamare Dio abbassando lo sguardo – e c'insegnerai che c'è un nome tutto nuovo da poter usare, quello di papà, con quell'alfabeto di tenerezza cucito addosso: la severità e le coccole, la mansuetudine e la chiarezza, il piglio severo e lo sguardo commosso. C'ammaestrerai che quell'Uomo piange e ride, gioca e si nasconde, accarezza e si rammarica parlando di pecore e di perle preziose, di sementi e di fichi da raccogliere. Parlando della terra, del cielo e delle passioni che fanno ancora battere il cuore dell'uomo. In un mondo in un cui i bambini devono nascere che sanno già scrivere e fare di conti, che in tasca tengono un'agenda policromatica per segnarsi tutti gli impegni quotidiani, che da piccoli sognano di diventare grandi e poi da grandi vorrebbero ritornare piccoli, ci mancava proprio un Bambino che fosse orgoglioso d'essere bambino. E che ci raccontasse la gioia di uno sguardo, di una carezza, di un'increspatura del volto, che ci narrasse delle cose ultime e delicatissime: delle cose di Dio. Ti aspettavamo quaggiù: ormai le parole non ci saziavano più, troppa attesa c'aveva fatto divenire mendicanti dell'Attesa più dolce, quella che sazia il cuore e rende forte persino il pensiero. Ci mancavi Tu, con quel fare scanzonato e divino, grazioso e luccicante, splendido e inafferrabile. Col tuo fare da bambino.

Di te dissero che fosti il Bambino più capriccioso della storia per quel tuo estenuante "farti attendere". Più che capriccioso a me sembri paradossale. Perché troppi oggi c'insegnano che per fare un tavolo ci vuole il legno. Ma solo Tu - sfidando la leggiadria dei poeti e l'arte dei narratori - c'insegni che dietro il legno c'è la maestosità di un albero, che dietro l'albero è nascosto un seme e che dietro un seme ci sono i petali di un fiore. Nessun falegname T'assumerebbe a bottega, eppure è proprio così: per fare un tavolo ci vuole un fiore. E il fiore è il simbolo della Bellezza. Un giorno per quella bellezza ad un Albero Ti appenderanno, così noi impareremo che ogni fiore chiede un prezzo per non lasciarsi appassire dalle intemperie.

Nascesti come un principe, avendo come tetto una costellazione intera di luce. Morirai come un Dio, trafitto per troppa bellezza. Che tu sia capriccioso o paradossale non conta poi così tanto: quello che ci preme dirTi è che stavolta per poco non morivamo di disperazione. Per fortuna sei arrivato. E non sai quanto ci fa battere il cuore saperTi vicino a noi fin quasi a stringerci come due fratellini spensierati nel letto di casa nostra. E immaginare che sotto il piumone – al riparo dallo sguardo di Erode – ci guardiamo in volto sorridendoci. Quasi a dirci: "finalmente ci siamo incontrati".

Mio Dio, quanto mi sei mancato! MARCO POZZA PRETE

giovedì 10 novembre 2011

credere oggi


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La Volta Celeste

LA FEDE CRISTIANA

Per il cristiano,non è sufficiente credere in Dio,

questo è propedeutico,non è fede,non ancora.

Il cristiano crede che Gesù Cristo è Dio!

Il Cristiano afferma che Dio non è infinita solitudine,

ma Egli è S.S.Trinità.

La seconda Persona,il Verbo,il Figlio si è fatto uomo,

e proprio il Figlio ci ha mostrato il Padre,

e ci ha donato lo Spirito Santo.

Il cristiano,crede nell'unità e Trinità di Dio,

perchè Lui stesso ce l'ha rivelata in Cristo.

Non siamo cristiani senza una completa e totale professione

davanti a Gesù Eucarestia:

"Mio Signore - Mio Dio".

Tuttavia questo non è ancora sufficiente,

non basta dire che Gesù è il Salvatore,

vero Dio e vero uomo,

ma bisogna sperimentare nella vita la sua salvezza.

Il cristiano vero,aperto a Dio,è più felice!

Cristo è suo compagno di vita!

Gesù cammina sempre accanto a Lui,e con la sua luce illumina il sentiero.

Il cristiano deve vivere la guarigione che dà Cristo,

fare l'esperienza della sua luce,della sua salvezza;

per poi mostrarla agli altri perchè la vedano.

Il cristiano dice parole di amore,di gioia,di speranza.

Trasmette la luce di Dio,la sua pace,la sua serenità.

Si deve vedere l'opera della Croce di Gesù nella nostra vita.

Il Cristiano ha le sue croci,i dolori,le sofferenze,i problemi,le tentazioni,

ma mostra di affrontarle con la serenità e la forza di Cristo Salvatore.

il cristiano si deve mostrare operante nella salvezza

attraverso un cammino di santità

dato da uno sforzo continuo per migliorarsi.

Dobbiamo essere contenti di essere cristiani!

Deve trasparire che Cristo,con la sua potenza,opera in noi.

"Questa è la base della nostra fede!"

- Papa Benedetto XVI

venerdì 28 ottobre 2011

IL CUORE DI DIO NON HA CONFINI



 
Stamattina un amico mi è venuto a trovare.
E’ arrivato presto, si è seduto vicino a me e abbiamo chiacchierato un po’ su come mi stanno andando le cose.
Dopo avere ascoltato molto attentamente tutto quello che avevo da dire si è alzato in piedi si è fermato di fronte a me, si è chinato e mi ha abbracciato dolcemente per qualche secondo.
Poi, dopo avermi detto di non preoccuparmi, che tutto sarebbe andato per il meglio,
mi ha chiesto se conoscevo qualcun altro che avrebbe avuto bisogno di una sua visita.

Io ho subito pensato a te, amico mio. Gli ho subito dato il tuo nome, ma lui sapeva già come trovarti.
Mi ha abbracciato di nuovo per darmi coraggio e poi l’ho accompagnato fino alla porta.
Mi ha detto che casa tua era giusto sulla strada ….


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Appena arriva sul tuo PC, accompagnalo fino al prossimo appuntamento. Non fargli passare la notte sul tuo PC.

Il messaggio che porta è molto importante.

Gli ho chiesto di benedire te e i tuoi con la Sua pace, la Sua felicità e tutta l’abbondanza che Lui può dare.

Di una preghiera e lascialo andare in modo che possa benedire altre persone così come io gli ho chiesto di benedire te.

Il nostro compito è di espandere l’amore, il rispetto e la gentilezza in tutto il mondo.

giovedì 23 giugno 2011

IL CUORE DELLA DEMOCRAZIA

È il rispetto, il cuore della democrazia, questo vuol dire che in democrazia non ci sono nemici, ma avversari dove ognuno porta a conoscenza di tutti il suo programma di governo da svolgere nella legislatura e gli altri hanno il dovere di starlo ad ascoltare, difatti, la regola aurea per una democrazia compiuta è quella che dice: "io non condivido quello che sostieni, ma farò di tutto perché tu lo possa dire. Purtroppo però ciò non accade spesso, perché si preferisce denigrare il contendente piuttosto che stimarlo. In Italia, ma anche nel mondo, le campagne elettorali sono sempre state una verbale guerra civile. Difatti si parla poco dei programmi che interessano tutti cittadini, e molto dei difetti dei singoli candidati tesi a dimostrare l'inconsistenza del proprio avversario. Dio Padre ci ha creato uguali e liberi, ci ha messo a disposizione tutta la Sua magnifica creazione, mettendoci a capo di tutto tutte le cose create. Ci ha fatti e voluti suoi figli, ma nonostante ciò per molti è ininfluente, anzi molti di noi davanti a un comportamento simile direbbero che è stato uno sciocco perché loro al posto di Dio, non l'avrebbero fatto. Difatti in tutti i secoli che si sono succeduti gli uomini, non tutti però, hanno tentato di negare l'esistenza di Dio, anche per legge,, con la conseguenza che chiunque trasgrediva veniva messo in prigione o moriva. Oppure si facevano le guerre in nome di Dio e si giustificava l'esistenza del re, come emanazione della volontà di Dio, ma a molti sovrani, non gli importa di quello che Dio dice, gli importa solo il potere. Ma Dio, non è uno sciocco e uno sprovveduto, e nonostante tutto le offese che noi uomini gli arrechiamo Lui continua amare e sperare che noi ci ravvediamo lasciandoci tutto il tempo per farlo fino alla fine della vita. Così dicasi anche per quella cosa che si chiama democrazia.
HANDYCAPP FRANCO

giovedì 28 aprile 2011

LA DEMOCRAZIA NON E' MAI VIOLENTA

Myanmar, Suu Kyi: «La democrazia arriverà
ma senza violenza»
Seduti a gambe incrociate al quarto piano di un anonimo edificio di Yangon, una decina di giovani canticchiano We shall overcome, la canzone di protesta che Martin Luther King aveva intonato al termine di un suo discorso. Concludono così la loro giornata di studi all’Istituto Bayda, un centro di formazione in scienze sociali, animato dall’ex prigioniero politico Myo Yan Naung Thein. «Bayda, che in birmano significa giacinto d’acqua, è simbolo di coraggio e di lotta.

È un fiore che Aung San Suu Kyi infila tra i capelli. Il nostro istituto è una delle cinquecento organizzazioni della rete di giovani che sostiene la Signora», spiega presentando uno a uno gli studenti del suo corso. Vengono da Yangon, la città più grande di Myanmar, ma anche dalle campagne. Hanno tutti solo parole di elogio per Aung San Suu Kyi. Anche Myo Yan Naung Thein l’adula, lui che non esitava a criticare la dissidente negli anni Novanta, quando la trovava troppo ostinata nel suo rapporto con la dittatura. Da novembre Suu Kyi ha fatto poche apparizioni pubbliche. Non è uscita da Yangon. Ha tenuto un solo grande discorso davanti alla folla, all’indomani della liberazione. Perché tanto ritegno? «Si sta formando un nuovo governo e si è riunito un nuovo Parlamento», precisa Myo Yan Naung Thein. «Lasciamo che le autorità si occupino delle loro lotte di potere interne. Non sanno cosa stiamo per fare.

È perfetto», si entusiasma il giovane, sostenitore di questa strategia di attesa e osservazione. Il partito di Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (Lnd), è stato sciolto lo scorso maggio. La vittoria dell’Lnd alle elezioni del 1990 è stata annullata dal regime. Aung San Suu Kyi e i suoi amici hanno boicottato lo scrutinio dello scorso novembre. Non hanno alcun rappresentante nel nuovo Parlamento. Esclusi dal gioco politico, ridotti a nulla dalla dura legge della giunta, il loro margine di manovra sembra molto limitato. La Signora di Yangon consulta diplomatici, incontra giornalisti, ascolta chi le è vicino. Intrecciando questi contatti, cerca di riorganizzare un movimento democratico in rovina.

Qual è la sua strategia per portare la democrazia nel Paese?
«Auspichiamo di sviluppare la società civile e di spingere il governo a esaminare le nostre richieste e rivendicazioni. Portiamo la gente a capire che ha il potere di ottenere ciò che vuole. Ma la cosa più importante è rafforzare le sue capacità. Quali che siano gli strumenti che utilizziamo, auspichiamo che siano non violenti».

Perché pensa che la non violenza sia sempre il metodo giusto?
«Perché troppo spesso la violenza è stata il modo in cui in Myanmar si è introdotto il cambiamento politico. Credo che dobbiamo cambiare la percezione secondo la quale solo la violenza può portare il cambiamento. Se ci chiudiamo in tale percezione, ci sarà sempre più violenza, di continuo. E chiunque desideri introdurre il cambiamento sulla scena politica birmana farà ricorso alla violenza, pensando che sia l’unico modo».

Da vent’anni in Birmania non è cambiato nulla…
«Non è così. Non capisco perché certe persone dicono che la situazione è bloccata. Ci sono stati molti cambiamenti, anche negli ultimi sette anni, corrispondenti al mio ultimo periodo di arresti domiciliari. Ora ci sono molti più giovani nel nostro movimento. E sono molto attivi. È possibile che i cambiamenti non siano evidenti agli occhi di tutti. Ma non credo che ci siano situazioni che non evolvono mai».

Ha la sensazione che oggi i giovani siano più liberi dalla paura rispetto a sette anni fa, quando lei era libera?
«Innanzitutto sono più liberi dall’ignoranza, grazie alla rivoluzione di internet, che è arrivata nel Paese, anche se il Myanmar resta fortemente in ritardo. Si liberano dall’ignoranza da sé, perché sono capaci di comunicare con altri giovani del loro Paese e di tutto il mondo, molto più facilmente che in passato. Credo che paura e ignoranza siano strettamente legate. Chi cammina nelle tenebre ha paura delle tenebre. Perché? Perché non vede nulla e non sa cosa deve affrontare. Più si sa, più si possono gestire le paure».

Negli anni Novanta disse che non condannava la violenza di chi lotta per una giusta causa, come suo padre, il generale Aung San, che si è battuto per ottenere l’indipendenza dai britannici. La non violenza, per lei, è una strategia pragmatica o un principio?
«Entrambe. Mio padre non combatteva contro birmani. Combatteva gli stranieri. E lei deve capire che i tempi sono cambiati. A quell’epoca la gente combatteva per ottenere ciò che voleva e non ci si preoccupava granché dei diritti dell’uomo. Ma anche mio padre, in alcuni degli ultimi discorsi, ha fatto riferimento a metodi non violenti. Ha detto apertamente: “Se dobbiamo combattere, combattiamo; ma preferisco un metodo pacifico, perché è meglio per il popolo”. Non era di natura violenta».

Può dire che non cambierà mai in favore di una strategia violenta?
«Non cambierò mai in favore di una strategia violenta. Ma non condannerò chi pensa che la violenza sia l’unico modo di procedere, perché è l’unica cosa che si conosce nell’ex Birmania. È quello che gli ha insegnato la storia. E poi non posso dire: “Non prendete le armi e seguite la via pacifica”, perché non posso garantire la loro sicurezza. Sotto molti punti di vista, la via della non violenza è la più pericolosa. Non abbiamo armi e l’altro campo è pronto a usare le sue».

Anche Nelson Mandela in Sudafrica ammise la via della violenza, come estrema risorsa…
«E alla fine tornò alla non violenza. Vede, anche lui si è dovuto evolvere con la sua epoca. Quando ha scelto la via della violenza, era ancora accettabile. Ma credo che l’idea di portare il cambiamento con la violenza sia diventata sempre meno accettabile nel mondo».

Tomas Ojea Quintana, l’inviato speciale delle Nazioni Unite, ha proposto di mettere sotto indagine il suo Paese sulle violazioni dei diritti dell’uomo. Lei è favorevole all’idea di una commissione d’inchiesta?
«Sono favorevole, perché il suo lavoro, in quanto inviato speciale per i diritti dell’uomo, è fare tutto quello che ritiene necessario per scoprire cosa avviene in materia di diritti umani. Le violazioni dei diritti dell’uomo devono costituire l’oggetto di indagini per evitarne il ripetersi».

Non pensa che una proposta del genere spaventi ancora di più il suo governo invece di spingerlo a impegnarsi nel dialogo?
«Forse. Alcuni nel governo possono avere paura, se pensano di averne motivo. Ma, d’altra parte, devono capire ciò che diciamo, ossia che una commissione d’inchiesta non necessariamente porta in tribunale. Del resto, può essere anche un modo per evitare il tribunale. Com’è accaduto in Sudafrica. C’era una commissione per la verità e la riconciliazione che ha mostrato che si deve rispondere dei propri crimini. Ma ciò non implica necessariamente una rivincita. Una commissione d’inchiesta può consentire di prevenire la giustizia vendicatrice, che può seminare dissensi in un Paese. Perciò si parla di giustizia mitigata dalla pietà. È esattamente la strada che hanno scelto i sudafricani perché le divisioni nel loro Paese non si accentuino e non persistano. Credo che se quanti hanno motivo di avere paura in Myanmar guardassero a quest’esempio, capirebbero che una commissione d’inchiesta è nel loro interesse, a condizione che sia accompagnata da un accordo politico adeguato».

Ha l’impressione che il governo abbia meno paura di lei?
«Lo spero. Meno avrà paura e più riusciremo a fare il nostro lavoro. Ma non so. Parte del nostro compito consiste nel persuadere il governo che da noi non ha nulla da temere e che possiamo collaborare. Il governo è fatto di tante persone. E dietro ci sono i militari. Perciò dobbiamo convincere moltissime persone che il futuro passa attraverso la negoziazione e regole pacifiche. Penso che nell’esercito già ci siano persone convinte che abbiamo bisogno di una via più pacifica e di maggiore compromesso. In particolare abbiamo legami con le famiglie di militari che soffrono. Nell’esercito solo i dirigenti se la passano bene. L’esercito è composto di 500 mila persone. Ci sono moltissime persone, in particolare in fondo alla scala gerarchica, le cui famiglie sono in difficoltà come tutti in Myanmar».

Come può aiutare il governo a non temere un cambiamento democratico?
«In primo luogo, educandoli. Non parlo di educazione in senso stretto. Ma facendo loro capire che la democrazia non è la rivincita. Fargli capire questo vuol dire parlargli. Devono ascoltare ciò che diciamo. In fondo, è questione di comunicazione, non le pare?».

Ha rapporti con il nuovo governo uscito dalle urne lo scorso novembre?
«La lista dei ministri è stata pubblicata, ma non sappiamo ancora chi è incaricato di quale ministero. Nessuno nell’ex Birmania sa chi è realmente a capo del potere. Non abbiamo contatti con loro, per il momento, perché non sappiamo chi contattare».
(per gentile concessione del quotidiano «la Croix»; traduzione di Anna Maria Brogi)
Rémy Favre

AVVENIRE

venerdì 18 marzo 2011

NON ERA PONZIO PILATO

La decisione è passata con 15 voti favorevoli e 2 contrari
Crocefisso nelle aule, Italia assolta
La Corte europea per i diritti dell'uomo non ha accolto la tesi della violazione dei diritti umani
La decisione è passata con 15 voti favorevoli e 2 contrari

Crocefisso nelle aule, Italia assolta

La Corte europea per i diritti dell'uomo non ha accolto la tesi della violazione dei diritti umani


(Newpress)
MILANO - L'Italia ha vinto la sua battaglia a Strasburgo: la Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo l'ha assolta dall'accusa di violazione dei diritti umani per l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche. La decisione della Corte è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari. I giudici hanno accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dell'esposizione del crocefisso nella aule scolastiche.

LA DENUNCIA - La Corte di Strasburgo si è pronunciata sul ricorso di una cittadina italiana di orgine finlandese, Soile Lautsi, che contestava la presenza del crocefisso nella scuola pubblica frequentata dal figlio ad Abano Terme, affermando che è un attentato alla libertà di coscienza e al diritto di ognuno a ricevere un'istruzione conforme alle proprie convinzioni. La sentenza di primo grado aveva suscitato proteste non solo da parte dei cattolici. L'84% degli intervistati in un sondaggio di qualche giorno fa, si diceva favorevole alla presenza del crocefisso nelle scuole.

Redazione Online
18 marzo 2011

mercoledì 16 febbraio 2011

ANCHE DIO E' UN ROM

IL VANGELO RISUONA NELLE PIAZZE
Post n°1542 pubblicato il 13 Febbraio 2011 da Giuranna
Tag: Ai giovani, Cattolici e politica, Comunità Pastorale, L'opinione




Vignetta di don Giovanni Berti, diocesi di Verona (gioba.it)



Tutte le domeniche il Vangelo è proclamato in migliaia di comunità cristiane...

Oggi però il Vangelo si è fatto sentire in modo straordinariamente forte nelle piazze, e precisamente in Piazza San Pietro e Piazza del Popolo a Roma.

Il primo a parlare chiaro è stato il Papa Benedetto XVI, che all'Angelus ha detto:

“Pienezza della Legge è la carità”, scrive san Paolo (Rm 13,10). Davanti a questa esigenza, ad esempio, il pietoso caso dei quattro bambini Rom, morti la scorsa settimana alla periferia di questa città, nella loro baracca bruciata, impone di domandarci se una società più solidale e fraterna, più coerente nell’amore, cioè più cristiana, non avrebbe potuto evitare tale tragico fatto. E questa domanda vale per tanti altri avvenimenti dolorosi, più o meno noti, che avvengono quotidianamente nelle nostre città e nei nostri paesi.

La seconda voce degna di nota è quella di Suor Eugenia Bonetti in piazza del Popolo a Roma, durante la manifestazione "Se non ora quando?" per la difesa della dignità delle donne.

Ascolta con attenzione l'intervento limpidissimo di Suor Eugenia su Repubblica TV.

Il Vangelo è chiaro, chiarissimo.

Chi fomenta l'odio nei confronti dei Rom è fuori dal Vangelo.

Chi accetta uno stile di vita gaudente e volgare, fondato sulla ricerca del potere e del piacere, è fuori dal Vangelo.

mercoledì 26 gennaio 2011

non si puo'morire di fame

I prezzi tornano a impennarsi
E il mondo ha sempre più fame
Mentre gli occhi degli economisti e dei risparmiatori erano ancora puntati sulle banche, le materie prime hanno ripreso a correre. E non solo il petrolio. Dai minimi toccati a dicembre, le quotazioni di soia, mais e grano sono arrivate a salire anche del 50%. Siamo lontani dai record raggiunti nel 2008, ma i valori si sono comunque riportati ai livelli della fine del 2007, quando la crisi alimentare stava per scoppiare. Una tendenza che giustifica le preoccupazioni della Fao, secondo cui alla fine del 2008 i prezzi del cibo erano comunque più alti del 26% rispetto al 2006 e del 33% sul 2005. I rincari, combinati agli effetti della crisi economica, hanno fatto aumentare a oltre un miliardo il numero di persone nel mondo che rischia di soffrire la fame.

Solo un anno fa il costo del pane o di un piatto di riso scatenava tumulti con decine di morti da Haiti al Bangladesh, dall’Egitto al Senegal. Poi vennero il terremoto finanziario, il crollo di Lehman Brothers, la 'gelata' del credito e il trasferimento della crisi all’economia reale, oggi attanagliata da una recessione di portata storica. Si sgonfiò la 'bolla' delle materie prime, facendo ipotizzare, manuali di economia alla mano, che i prezzi sarebbero scesi e che anche la fame, almeno per un po’, avrebbe dato tregua. Non è andata così. Nel frattempo sulle Borse mercantili le materie prime sono risalite, raggiungendo un livello di guardia che gli analisti osservano con attenzione. Vogliono capire se la tendenza al rialzo, chiusa la parentesi della recessione, diventerà 'strutturale'. Fra i motivi dei recenti rialzi non si possono escludere speculazioni. Gli attuali prezzi appaiono irrealistici, considerato che la ripresa dell’economia non è ancora dietro l’angolo e comunque sarà lenta e graduale.

Si registra tuttavia un aumento della domanda da parte di mercati emergenti come la Cina, la cui economia sta ripartendo più rapidamente che altrove, e in generale di biocombustibili, la cui produzione, come è noto, sottrae terreno agricolo destinato al cibo. Un recente studio di Credit Suisse analizza proprio l’impatto di questi due fattori: l’indicazione è che nei prossimi cinque anni la domanda potrebbe risultare superiore all’offerta. I prezzi di conseguenza dovrebbero continuare a salire. In particolare, secondo gli analisti della banca elvetica, la recessione farà diminuire quest’anno la domanda complessiva di cibo e biocarburanti soltanto dell’1-2%. Sul medio periodo, invece, ossia nei prossimi cinque anni, la domanda dovrebbe aumentare a un ritmo compreso tra il 2,3% e il 2,6%. Si tratta, precisa lo studio, di una stima prudente. La sola richiesta di cibo, nel quinquennio, potrebbe crescere del 2,2%. A pesare sarà soprattutto la 'fame' dei Paesi emergenti.

Sul fronte dell’offerta, a complicare la situazione è la peggiore crisi economica degli ultimi 60 anni, come ha rilevato anche la Fao. Nei prossimi 12 mesi, indica Credit Suisse, i raccolti saranno inferiori del 3-4%, principalmente a causa di problemi di finanziamento. Per il 2009 si stima una sensibile diminuzione delle superfici coltivate e dell’uso di fertilizzanti. Solo nel 'granaio' ucraino il governo parla di un crollo dell’offerta pari al 21%. In Brasile, a causa della stretta del credito, nel primo trimestre di quest’anno l’uso di fertilizzanti è calato del 24%. È così che la crisi, sommata ai prezzi già elevati dei generi alimentari, ha fatto salire a 1,02 miliardi il numero di persone affamate. Il direttore della Fao, Jacques Diouf ha ricordato che erano 963 milioni nel 2008 e meno di 850 nel 2007, prima dell’emergenza alimentare. La recessione al tempo stesso sembra avere messo a dura prova la generosità dei Paesi donatori, mettendo in difficoltà il Programma alimentare mondiale dell’Onu. Il Pam necessita di 6,4 miliardi di dollari in aiuti alimentari solo quest’anno, ma i contributi dei donatori sono ben al di sotto, a quota 1,5 miliardi la scorsa settimana.

Come conseguenza, sono stati ridotti o tagliati alcuni progetti in Africa orientale e in Corea del Nord. In Ruanda, la razione giornaliera di cereali è stata portata da 420 a 320 grammi; stessa sorte potrebbe toccare a 3,5 milioni di vittime della siccità in Kenya; nell’Uganda settentrionale è stata sospesa la distribuzione di cibo a 600.000 persone; ridimensionate infine le operazioni previste in Etiopia. Intanto, l’India non ha ancora sbloccato le esportazioni di riso non basmati 'congelate' nel 2008 nel pieno della crisi alimentare. Attualmente solo limitati quantitativi sono concordati attraverso canali diplomatici con Paesi considerati 'amici'. Il governo di New Delhi sta valutando di far cadere il divieto. Se così fosse, il prezzo del riso sarebbe destinato a scendere, ma al tempo stesso 700 milioni di indiani rischierebbero di restarne privi.
Alessandro Bonini


«Quando gli uomini impareranno che la vita è sacra?»
Cari fratelli e sorelle!
In passato la prima domenica di luglio si caratterizzava per la devozione al Preziosissimo Sangue di Cristo. Alcuni miei venerati Predecessori nel secolo scorso la confermarono, e il beato Giovanni XXIII, con la Lettera Apostolica Inde a primis (30 giugno 1960), ne spiegò il significato e ne approvò le Litanie. Il tema del sangue, legato a quello dell’Agnello pasquale, è di primaria importanza nella Sacra Scrittura. L’aspersione col sangue degli animali sacrificati rappresentava e stabiliva, nell’Antico Testamento, l’alleanza tra Dio e il popolo, come si legge nel libro dell’Esodo: "Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo dicendo: Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!" (Es 24,8).
A questa formula si rifà esplicitamente Gesù nell’Ultima Cena, quando, offrendo il calice ai discepoli, dice: "Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati" (Mt 26,28). Ed effettivamente, a partire dalla flagellazione, fino alla trafittura del costato dopo la morte di croce, Cristo ha versato tutto il suo sangue, quale vero Agnello immolato per la redenzione universale. Il valore salvifico del suo sangue è affermato espressamente in molti passi del Nuovo Testamento. Basti citare, in questo Anno Sacerdotale, la bella espressione della Lettera agli Ebrei: "Cristo… entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalla opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?" (9,11-14).
Cari fratelli, sta scritto nella Genesi che il sangue di Abele, ucciso dal fratello Caino, grida a Dio dalla terra (cfr 4,10). E purtroppo, oggi come ieri, questo grido non cessa, perché continua a scorrere sangue umano a causa della violenza, dell’ingiustizia e dell’odio. Quando impareranno gli uomini che la vita è sacra e appartiene a Dio solo? Quando comprenderanno che siamo tutti fratelli? Al grido per il sangue versato, che si eleva da tante parti della terra, Dio risponde con il sangue del suo Figlio, che ha donato la vita per noi. Cristo non ha risposto al male con il male, ma con il bene, con il suo amore infinito. Il sangue di Cristo è il pegno dell’amore fedele di Dio per l’umanità. Fissando le piaghe del Crocifisso, ogni uomo, anche in condizioni di estrema miseria morale, può dire: Dio non mi ha abbandonato, mi ama, ha dato la vita per me; e così ritrovare speranza. La Vergine Maria, che sotto la croce, insieme con l’apostolo Giovanni, raccolse il testamento del sangue di Gesù, ci aiuti a riscoprire l’inestimabile ricchezza di questa grazia, e a sentirne intima e perenne gratitudine.

BENEDETTO XVI

















Si è svolto ad Assisi il capitolo generale (mondiale) dei seguaci del Poverello
Padre Carballo: "La Chiesa deve parlare su sospetti, e accuse che toccano esponenti politici"
"Mai tacere sull'ingiustizia del mondo"
L'appello al G8 dei frati francesacani
Un elenco di "priorità" e di attese. E la richiesta a Berlusconi di fare chiarezza
"Chi ricopre cariche pubbliche non può transigere sulla moralità"
di ORAZIO LA ROCCA


Padre Carballo con Benedetto XVI
ROMA - "La Chiesa non può tacere di fronte alle ingiustizie del mondo, all'oppressione dei poveri, alla rovina dell'ambiente, ai pericoli che gravano sulla pace nel mondo. Ma nemmeno davanti a vicende che, anche lontanamente, possono minare la moralità, il rispetto delle donne, i valori, i diritti umani, la difesa di poveri ed immigrati. E a maggior ragione deve far sentire la sua voce quando sospetti, voci ed accuse su tali tematiche coinvolgono autorevoli esponenti delle pubbliche istituzioni, come purtroppo sta succedendo in Italia".

Anche i Frati minori francescani fanno sentire la loro voce ai "grandi" della terra impegnati al G8 dell'Aquila con un messaggio-appello dedicato alle "priorità" e alle "attese" di "credenti, non credenti e uomini di buona volontà, ma soprattutto di poveri ed oppressi". Priorità ed attese che i figli di San Francesco indicano prima di tutto "nella difesa della pace, nella eliminazione delle ingiustizie sociali e nell'aiuto ai meno abbienti".

Se ne fa portavoce padre Josè Rodriguez Carballo, 56 anni, spagnolo di Santiago di Compostela, riconfermato per la seconda volta ministro generale dei Frati Minori al Capitolo dell'Ordine concluso nei giorni scorsi ad Assisi sotto la "supervisione" del delegato papale, il cardinale Josè Saraiva Martins. Padre Carballo come primo atto ha inviato un pressante appello al G8 contro "le ingiustizie sociali, le guerre e la fame che ancora minacciano troppe popolazioni nel mondo".

Ma un "pensiero" lo ha rivolto anche alla situazione italiana, con particolare attenzione alle vicende del premier Berlusconi, sollevando "interrogativi" specialmente nei confronti di quelle "voci" che ne stanno compromettendo la credibilità morale. Il religioso, in particolare, ha unito la sua voce a quanti, dentro e fuori la Chiesa non nascondono la loro perplessità di fronte alle note vicende berlusconiane, a partire dalla Conferenza episcopale italiana col presidente cardinale Angelo Bagnasco e il segretario generale, il vescovo Mariano Crociata, ma anche dal settimanale Famiglia Cristiana che ha persino chiesto al premier di dimettersi.


Anche padre Carvallo non nasconde che sarebbe quanto meno opportuno che il premier Berlusconi facesse "chiarezza" sulle tutte le questioni extrapolitiche di cui è accusato (feste casalinghe con ragazze a pagamento, presunti viaggi con amici e conoscenti sugli aerei di Stato, contatti con ragazze minorenni). "Sulla moralità non si deve transigere mai, specialmente se si ricoprono cariche pubbliche e istituzionali", avverte il neo ministro generale francescano.

Quanto ai suoi prossimi impegni, padre Carvallo ha assicurato che sarà sempre in prima linea per portare "in ogni angolo della terra" il messaggio francescano. Un impegno appassionato e totale perché, ha spiegato, "il mondo ha diritto di attendersi che i frati siano strumenti di riconciliazione e di pace, solidali con i più miseri, attenti alla salvaguardia del creato, capaci di favorire il dialogo tra le culture, le generazioni, le religioni, le correnti di pensiero, per far crescere la conoscenza e il riconoscimento reciproci e la ricerca di cammini comuni per dare inizio ad un mondo fraternizzato con le sue ricche e sane differenze".

Nel corso dei lavori capitolari, i 152 delegati, giunti alla Porziuncola di Assisi in rappresentanza dei circa 15.000 frati presenti nel mondo, hanno esaminato lo stato dell'Ordine e hanno tracciato insieme il cammino dei prossimi sei anni. Il documento finale, intitolato "Portatori del dono del Vangelo", illustra in sintesi come i Frati minori intendono operare in questo inizio di Terzo Millennio nell'annuncio del Vangelo in un mondo così diverso da quello dell'epoca di san Francesco. "La nostra missione - afferma padre Carvallo - sempre ispirata al Poverello di Assisi avviene tra gli uomini di oggi, mettendo al centro gli altri e non sè stessi, in un atteggiamento di simpatia per il mondo, cercando di comprendere e rendersi comprensibili ad ogni popolo e ad ogni cultura. Tale impegno assume spesso la forma della partenza per altri paesi, per vivere tra uomini di altre lingue e culture e rendere presente a tutti il dono del Vangelo. L'evangelizzazione assume così una spiritualità attenta anche ai valori della giustizia, della pace, dell'integrità del creato e rende i fratelli francescani ponti di dialogo, di incontro, di riconciliazione con tutti al di là delle fedi, delle religioni e delle convinzioni politiche. Questo ci ha insegnato Francesco, questo noi continueremo a fare in suo nome".