martedì 13 maggio 2008

PISTORIUS E NATALIE QUANDO LHANDICAP NON E' UN HANDICAP

Alle volte l'handicap umano per chi ce l'ha non è un problema. Questo è il caso di PISTORIUS E NATALIE DU TOIT due atleti sudafricani che nonostante il proprio handicap vogliono gareggiare con i cosiddetti atleti normali alle Olimpiadi di Pechino. Pistorius è un giovane atleta che ha avuto amputate le sue due gambe all'età di due anni e da allora cammina con due protesi, ma la cosa curiosa è che camminare con le protesi diventa un ostacolo per partecipare alle Olimpiadi perché esse procurano un indubbio vantaggio a questo atleta nei confronti degli atleti normodotati. Insomma se per lui il suo handicap non è un problema, per gli altri atleti normodotati lo è, perché non si può permettere che una persona disabile sia vincente su atleti normodotati ribaltando il clichet che vede sempre i disabili dei perdenti, ma non è così come dimostra questo caso ed altri casi come quello dell'atleta sudafricana NATALIE DU TOIT amputata a una gamba e che si è qualificata recentemente per i giochi olimpici di Pechino chi volesse vedere il suo sito Internet:http://www.nataliedutoit.com/ , in questo caso nessuno ha detto niente, perché per lei per nuotare non usa nessuna protesi, cioè nuota con una gamba sola, mentre gli altri con due, ma siccome in questo caso in svantaggio è la persona disabile d'altronde il termine handicap è usato nel mondo dell'ippica per indicare quei cavalli che vengono tenuti fermi perché sempre vincenti e per dar modo di poter far vincere anche gli altri cavalli. Ecco come si presenta NATALIE "mi scuso per la presentazione fatta in lingua inglese": It's important to swim your own race and not some-one else's, and that is exactly what this remarkable South African swimmer has been doing. Having competed at the Kuala Lumpur Games in 1998 as an able bodied athlete at the age of 14, she lost her leg in a motorcycle accident in 2001. Despite this setback, she was determined to compete at the Manchester Games both as an able bodied and disabled competitor just to prove it could be done. She achieved her goal, swimming into a creditable eighth place in the able bodied 800m Freestyle, and winning gold in the 50 and 100m Elite Athletes with a Disability (EAD) events. Since then, Natalie has become one of the most successful disabled athletes of all times and an inspiration to many.
Natalie has two major dreams at this stage:
To be able to run, &
To make it to the 2008 Beijing Olympics (Congratulations, Natalie. You have made it - read recent articles)
Her third dream; to visit the Kruger National Park, materialised last month when she had a wonderful week end at the Grand Kruger Lodge.

Ecco la descrizione che la gazzetta dello sport fa di PISTORIUS:
Al 21enne sudafricano mancano le gambe, ma con le sue protesi va veloce quanto i campioni. Al Golden Gala di Roma correrà i 400 metri sognando i Mondiali di Osaka
Oscar Pistorius è nato a Pretoria il 22-11-1986. Ap
ROMA, 11 luglio 2007 - Se chiudi gli occhi, magari ti sembra di udire un sibilo. Quello delle lame che, quando corre, porta al posto dei piedi, amputati quando aveva 11 mesi perché era nato senza entrambi i peroni. E pensi a una macchina più che a un atleta. Se li apri, ti accorgi che sul volto c’è la sofferenza e il sudore di chi, in quella corsa, sta mettendo qualcosa di più di due pezzi di carbonio. E scopri che lì c’è un uomo, solo un uomo: Oscar Pistorius, 21 anni, nato in Sud Africa, campione olimpico e mondiale di categoria, una vita ad abbattere barriere. Gioca a pallanuoto e rugby, si infortuna al ginocchio, passa all’atletica. Le prime lame che sostituiscono i piedi le costruisce lui stesso, ricavandole dalle pale degli elicotteri. Poi passa a quelle di carbonio. Vince e ottiene tempi che lo portano a sfidare i normodotati, è secondo sui 400 ai campionati nazionali sudafricani, non paralimpici. La sua federazione vorrebbe iscriverlo alla 4x400 ai Mondiali di Osaka, ma aspetta il sì della Iaaf. Oscar, intanto, arriva a Roma per il Golden Gala, anche in questo caso per una gara "normale". E rivela subito un’affinità sorprendente con l’Italia: sa "parlare" con le mani, eredità del nonno di sua madre. "Era italiano - dice Pistorius -, emigrato in Kenya".
Oltre al linguaggio delle mani, cosa conosceva dell’Italia? "Le automobili. Mi piacciono tantissimo a cominciare da Ferrari e Maserati. E le moto: Ducati, Benelli. E poi, sono un grandissimo tifoso di Valentino Rossi".
Calcio e donne? "Tifo per la Lazio. Il mio miglior amico è un italiano, che lavora in Sud Africa. È tifoso della Lazio e per simpatia anch’io. So che le donne italiane sono bellissime. Di quelle famose, mi piace tanto Monica Bellucci. Comunque, adesso potrò vederle di persona".
Al Golden Gala, potrebbe anche trovare il minimo B per i Mondiali di Osaka. Ha 46"34 sui 400, deve scendere a 45"95. "Credo di potercela fare. Ma non voglio fermarmi lì. Il mio obiettivo più grande è l’Olimpiade. Perciò, devo limare il mio tempo di un altro secondo e mezzo, stare sotto i 45". Perché ci voglio andare e magari non fermarmi al primo turno".
Un miglioramento che può costruire in curva. "Lì devo prima pensare a mettere bene la lama a terra, piatta, poi a inclinare il corpo, altrimenti cado. E devo farlo a ogni passo, cercando di mantenere un’azione fluida".
Uno sforzo che è niente in confronto alle prime sfide affrontate da ragazzino. Una volta, due bulletti lo buttarono a terra, sotto gli occhi del padre, che decise di non intervenire perché si rendeva conto che non poteva essere sempre vicino al figlio per difenderlo. A casa gli fece trovare un punching-ball. "L’episodio non lo ricordo, ma il punching-ball sì, e ciò che significava. Fu una grande lezione: seppi che dovevo contare solo sulle mie forze".
Erano gli altri a contare su lui, come suo fratello Carl, che aveva paura di lanciarsi in discesa con un’auto a pedali. Oscar andava con lui e metteva la protesi fra asfalto e ruota come freno. "E il bello è che non si rompeva. A Carl dissi che ogni cosa è possibile, basta volerlo, a costo di frenare in quel modo".
Si rende conto che la sua presenza può essere interpretata solo come uno spettacolo da circo? "Lo so, ma non ci penso. Se mi preoccupassi di cosa pensa la gente, non potrei fare quello che mi piace".
Cambia qualcosa, nel rapporto col pubblico, da quando è ai blocchi di partenza fino al momento in cui finisce la gara? "All’inizio, capisco che ci possa anche essere curiosità, ma basta un giro di pista per far cambiare il modo di pensare degli spettatori. Alla fine, l’ho sentito tutte le volte che ho corso, vedono solo l’atleta".
Qualcuno, però, l’ha definito "uomo bionico". "Sono un uomo".
Gennaro Bozza comunque vada a finire per me loro hanno già vinto e come dice un vecchio adagio: "comunque vada è già un successo"

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